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Sessualità e Amore in psicoanalisi

Psicanalisi : teoria della personalità

La psicoanalisi è una teoria della personalità, che spiega l’evoluzione e la crescita degli individui in base allo sviluppo psico sessuale. Questo viene  orientato dall’entrare in gioco progressivo delle diverse zone erogene, e al contestuale stabilirsi della relazione d’oggetto, o relazione oggettuale. Cioè la relazione che il soggetto stabilisce con i suoi “oggetti” così detti “d’amore”, nel corso di questi momenti evolutivi. (J.Bergeret, Psicologia Patologica).

La forza sessuale secondo Freud

Fu S. Freud , a mettere, prepotentemente, in evidenza la forza sessuale. Lo studioso spinse la cultura accademica del suo tempo a non ignorare alcuni fenomeni importanti della vita interiore. Evidenziando come una parte importante dei comportamenti umani sfugge al controllo razionale dell’individuo. Sulla base di questa teoria, che si è andata arricchendo di molti e diversi contributi da parte di altri psicoanalisti importanti, è fondata la tecnica della cura o terapia psicoanalitica. In verità, l’una e l’altra sono indissolubili. Nel senso che non si conosce il limite in cui l’una inizia e l’altra finisce. E che , proprio per questo, dal fondatore ai nostri giorni, diversi processi psicologici sono meglio compresi e diversi cambiamenti sono stati fatti in senso tecnico. Ma questo esula dai nostri interessi attuali, per cui accennerò solamente alla diversità Junghiana del concetto di personalità.

Quali cause dei comportamenti irrazionali?

Nel 1905 Freud pubblica “Tre saggi sulla sessualità” dove sostiene che, accanto all’attrazione fra i due sessi vi sono anche altre forme di attrazione che non vanno occultate. Piuttosto esaminate. La sessualità non si esaurisce nella funzione riproduttiva, essa esprime pulsioni verso il piacere. Pulsioni che sono  complesse e variamente articolate, a seconda dell’età.

Per quali ragioni certe pulsioni vengono respinte ?  Come mai certi ricordi sono a disposizione della coscienza ? Mentre altri possono essere, almeno in apparenza, sottratti ad essa e rimossi nell’inconscio?

Freud ritiene che la ragione sta nel fatto che si tratta di pulsioni e desideri in palese contrasto con i valori e le esigenze etiche proclamate e ritenute valide dall’individuo cosciente.

Quando avviene che c’è contrasto tra l’io cosciente ( i suoi valori e i suoi ideali) e certe pulsioni e certi desideri. E’  allora che entra in azione un meccanismo di “repressione”. Questa  strappa queste cose vergognose e indicibili alla coscienza e le colloca nell’inconscio al fine di non farle riaffiorare alla vita cosciente.

Queste cose vergognose e indicibili sono principalmente di natura sessuale.

Le pulsioni vitali “EROS” e “THANATOS”

Freud riconduce la vita dell’uomo ad una originaria libido. Cioè ad una energia connessa principalmente al desiderio sessuale. “Analoga alla fame in generale, la libido designa la forza con la quale si manifesta l’istinto sessuale. Come la fame designa la forza con la quale si manifesta l’assorbimento del nutrimento”.

Ma mentre la fame o la sete non sono peccaminosi e non vengono rimossi, le pulsioni sessuali vengono rimosse, per poi riaffiorare nei sogni e nelle nevrosi.

Egli scrive: “La prima scoperta alla quale ci conduce la psicoanalisi è che, regolarmente, i sintomi morbosi sono legati alla vita amorosa del malato. Questa scoperta ci obbliga a considerare i disturbi della vita sessuale come una delle cause più importanti della malattia”.

I malati non si rendono conto di questo, in quanto, essi sono costretti a subire e sopportare il pesante fardello delle menzogne con le quali nascondono le cose vergognose. Così la malattia, o meglio , io dico , il disagio, il malessere della malattia, prende il posto del malessere legato direttamente ai contenuti sessuali. Esempio lampante ed immediatamente comprensibile potrebbe essere il classico mal di testa in occasione del praticare di sesso indesiderato. Quello che si fa con una persona, con la quale, in quel momento , non si ha una relazione sintonica.

Nell’ultimo periodo della sua vita ed in antitesi con la prima parte della sua opera, Freud introdusse la nozione di “pulsione di vita”, che chiamò EROS, e la “pulsione di morte”, che definì THANATOS.

La “libido” per Freud e Jung

Inizialmente, quindi , Freud intendeva la libido come l’insieme delle energie vitali. Poi delimitò il riferimento del termine alle sole energie sessuali. Più avanti negli anni descrive la libido come una forza cieca e irrazionale, violenta e incoercibile come la fame; essa nonostante promuova l’incontro tra i sessi, è intimamente asociale, perché spinge l’individuo a ricercare il proprio piacere personale e ad investire cariche energetiche in obiettivi edonistici.

Jung, invece, concepisce la libido come un’energia psichica unitaria , omnicomprensiva, che riguarda molte attività durante l’arco della vita e i cui principi sono fortemente influenzati dagli archetipi. Scrive,infatti: “concepivo la libido come il corrispondente psichico dell’energia fisica, e quindi, più o meno, come un concetto quantitativo, che perciò non avrebbe dovuto essere definito in termini qualitativi … non intendevo più parlare di istinti di fame, aggressivi, sessuali, ma considerare tutti questi fenomeni come manifestazioni diverse dell’energia psichica”.

L’inconscio per Jung

L’inconscio non è, come per Freud, la zona o regione connotata dai contenuti inadeguati e da residui pulsionali obsoleti e conflittuali. Bensì è la fonte primaria, la madre dell’energie, è il luogo dove si svolgono i processi di trasformazione creativa ,che consentono all’individuo di trascendere i limiti del proprio IO ed arricchire la personalità di nuovi modi di essere idonei a fronteggiare le mutevoli esigenze della realtà.

Jung suggerisce di controllare tali forze e integrarle nella coscienza al fine di favorire il doloroso processo d’individuazione della personalità.

Egli scrive:“L’incontro con se stessi è una delle esperienze più sgradevoli alle quali si sfugge proiettando tutto ciò che è negativo sul mondo circostante. Chi è in condizione di vedere la propria ombra e di sopportare la conoscenza ha già assolto una piccola parte del compito. In assenza di una adeguata correlazione tra Io e Inconscio non è possibile una vera trasformazione, una crescita individuale e collettiva. L’Io scisso dalle sue radici Inconsce è incapace di autentici rinnovamenti.

Il centro della personalità

Il vero centro della personalità, la vera identità individuale , che Jung chiama il “Sé” si trova proprio là dove l’Io e l’Inconscio riescono ad unirsi, a stare insieme. E continua: “Una psicologia capace di soddisfare soltanto l’intelletto non è mai una psicologia pratica; l’anima nella sua totalità non può mai essere intesa soltanto con l’intelletto. Ci piaccia o no, il momento della visione universale s’impone, perché l’anima cerca un’espressione capace di coglierla in tutta la sua pienezza”.

Come per dire che la libido intesa come sessualità è solo un’ aspetto della vita degli individui e che l’individuazione della personalità è un processo anche di carattere collettivo o sociale.

Le tappe fondamentali dello sviluppo si possono ricondurre a le seguenti fasi o stadi : influenze pre-natali e/o perinatali

Stadio Pre-natale

L’importanza delle esperienze prenatali e la situazione che segue immediatamente la nascita viene evidenziata da P. Greenacre, secondo il quale queste contribuiscono a creare una predisposizione all’angoscia o pre-angoscia, diversa dall’angoscia successiva, in quanto manca di contenuto psicologico e opera a livello riflesso.

O. Rank, invece, sottolinea l’importanza della nascita, che descrive sotto forma di trauma. Infatti, l’afflusso iniziale di eccitazioni provenienti dal mondo esterno, al momento dell’uscita del bambino da un ambiente relativamente calmo e tranquillo, quale può essere l’utero materno, può sopraffarlo. Ogni situazione della nascita diventa il modello o prototipo di ogni angoscia ulteriore, che si esprime dunque all’origine in termini di separazione biologica dalla madre, ma in seguito si manifesta in maniera più psicologica e più simbolica. Ogni piacere avrebbe per scopo finale l’accesso al sentimento di soddisfazione pura e di originaria beatitudine intrauterina, e l’atto sessuale, che rappresenta l’unione simbolica con la madre, è il mezzo più soddisfacente per realizzare questo ritorno alla vita intrauterina.

Significa, in sostanza, venire in contatto con ciò che ci ha ferito e non fermarsi ai sentimenti che suscitano la ferita, riconoscere cioè di essere diventati adulti ed indipendenti.

Stadi pregenitali

Esaminiamo gli Stadi pregenitali. Essi non sono mai completamente delimitati e separati l’uno dall’altro, per cui ognuno passa gradualmente nell’altro e si accavallano.

Lo stadio orale

Lo stadio orale: fase d’organizzazione libidica che va dalla nascita allo svezzamento (1° anno di vita). In questa fase la sessualità inf. è indifferenziata e poco organizzata, diretta sulla zona erogena, la bocca e tutti i sensi ad essa collegati, e perciò è autoerotica.

L’oggetto originario del desiderio sessuale è il seno materno (oggetti parziali) o il suo sostituto. Il piacere sessuale sotteso, inizialmente mediato dalla funzione nutrizionale, dato dall’atto del poppare, si separerà dando piacere di per sé. La relazione è anoggettuale, manca ,cioè, il riconoscimento dell’oggetto da parte dell’Io come cosa differente da sé. L’oggetto in questo momento è parte del bambino e perciò, portando alla bocca tutto quanto lo interessa, egli lo confonde col suo piacere di essere: la paura principale in questo periodo è quella di essere mangiati. La relazione è Anaclitica, cioè il bambino si appoggia sulle persone che lo curano, subendo la dipendenza naturale che lo lega fisicamente alle persone che se ne prendono cura.

La scoperta dell’oggetto avviene poco a poco attraverso i momenti d’assenza dell’oggetto anaclitico ed il bambino incomincia a provare una sensazione nostalgica di qualcosa che può soddisfare i suoi bisogni, ma che al momento è assente (Fenichel). Imparerà poi a differenziare le sue impressioni e a stabilire fiducia negli oggetti conosciuti e amati. Comincerà a comunicare con la madre, in questo momento è molto importante la manipolazione corporea con il bambino. Egli stabilirà una relazione ambivalente, nel momento in cui comincerà a mordere (pulsioni sadiche), il desiderio di distruggere la madre si associa all’unione libidica con lei. Questo è il primo conflitto che minaccia la primitiva unità rassicurante con la madre e in cui la componente aggressiva occupa un posto preponderante.

Infine,lo svezzamento, cioè l’interruzione dell’allattamento (Lacan ne ha sottolineato la dimensione culturale e l’indissociabilità dalla maternità) provoca spesso un trauma quando esso è vissuto come una punizione in conseguenza dell’aggressione.

Lo stadio Anale

Lo stadio anale : Nel 2°, 3° anno le facoltà del camminare, parlare, pensare, controllare gli sfinteri si sviluppano e offrono al bambino una progressiva indipendenza dalla madre. La zona erogena parziale è la mucosa anorettale e tutta la mucosa della zona intestinale di escrezione. L’oggetto è la scibala fecale, intesa come parte del proprio corpo che egli può sia conservare all’interno, che espellere all’esterno , cosa che permetterà la distinzione tra oggetto interno ed oggetto esterno.

La paura anale tipica è essere brutalmente privato del contenuto del corpo, essere letteralmente svuotato. La scibala, o prodotto fecale, diventerà oggetto di scambio con gli adulti: regalo che si offre o si rifiuta.

La relazione oggettuale è sul modello delle relazioni avute con le sue materie fecali e in funzione dei conflitti suscitati dall’educazione alla pulizia. Questo periodo viene descritto bene da Abraham nelle sue componenti erotiche e aggressive, sadiche (Piacere autoerotico sadico se si espelle) e masochistiche (quando si trattiene).

Il bambino attraverso la conquista della disciplina sfinterica scoprirà la nozione della sua proprietà privata, del suo potere affettivo sulla madre che egli può compensare o frustrare a sua volta. Egli proverà un piacere nel controllare, padroneggiare, opponendosi alla madre, in breve a possedere, come succede con le sue materie fecali. L’atteggiamento contraddittorio del dare/avere rispetto alle feci rafforzerà l’atteggiamento ambivalente iniziato nella fase precedente verso gli oggetti amati (madre).

In questa fase origina la bisessualità, che Freud ha messo in evidenza, e si forma la coppia attività-passività, derivata dall’investimento libidico anale; partendo da questo poi il bambino è sensibilizzato, nella sua relazione con gli altri, alla percezione di tutta una serie di coppie antagoniste: buono-cattivo, bello-brutto, ma, soprattutto, la coppia grande–piccolo.

Il bambino di fronte all’adulto si sentirà di essere sia il più piccolo, sia il più grande sia il più forte, basta che egli immagini di essere un leone o un mostro. Quindi, l’apice della relazione d’amore è nella coppia soggiogare – essere soggiogati, dominare-essere dominati.

In questa fase il narcisismo è in primo piano: la conquista dell’indipendenza, soprattutto attraverso il camminare e il controllo sfinterico, la possibilità di opposizione e di contrattazione di fronte all’oggetto materno, il sentimento di onnipotenza e sopravvalutazione ne sono la manifestazione.

La relazione sessuale così caratterizzata è di tipo omosessuale, qualunque sia il sesso reale dell’oggetto, essendo la caratteristica genitale , per ora, accessoria.

Lo stadio fallico (dopo il 3° anno)

E’ il periodo, questo, in cui le pulsioni parziali precedenti si unificano sotto un certo primato degli organi genitali, ma non si tratta ancora di una genitalizzazione della libido. In questo periodo il bambino prende coscienza dell’organo genitale maschile. Compare la masturbazione infantile, il cui determinante occasionale è l’eccitazione naturale della minzione.

Il controllo dello sfintere vescicale maschile comporta fierezza narcisistica che sarebbe dovuta al fatto che i genitori fanno sì che il bimbo si vergogni al momento degli insuccessi di questo controllo.

La masturbazione primaria lascia tracce profonde e inconscie nella memoria e sembra che sia una delle cause principali della forte amnesia infantile, la quale è strettamente collegata all’attività repressiva dei genitori e alle fantasie, ai fantasmi sessuali propri di questa età, il più spesso di natura edipica, quindi angoscianti e colpevolizzanti.

In questa fase, tuttavia, il pene non è percepito come un organo genitale , ma come un organo di potenza o di completezza, cioè come un fallo. I bambini sono diventati capaci di distinguere i sessi, ma lo fanno solo in funzione di una realtà anatomica esterna e falsamente interpretata.

Si tratta della differenza non di un uomo o di una donna, ma della differenza tra la presenza e l’assenza di un solo termine. I due genitori saranno vissuti in funzione della loro potenza o della loro debolezza , simbolizzate da questo possesso o meno. Questo è lo stadio anche del diniego di questa differenza, che consisterà nel negare la castrazione narcisistica con la negazione del sesso femminile per il bambino, mentre per la bambina consiste nel negare la castrazione con la rivendicazione del fallo (narcisistica).

La reazione affettiva che segue alla constatazione dell’assenza del pene nella bambina, comporta nel maschietto la paura di perderlo, nella femmina il desiderio di averlo. Questa angoscia di incompletezza o di carenza determina l’angoscia di morte, contro la quale ci si difende con il fantasma di desiderio di avere un bambino ( una sorta di duplicazione di sé).

Quindi, il bambino sapendosi possessore di un pene lo superinveste, libidicamente (masturbazione), ma soprattutto in quanto simbolo della valorizzazione narcisistica di sé, contrassegnata dalle esigenze esibizionistiche di questo stadio. Si dice che Il bambino si identifica col suo pene.

Nella bambina la vagina viene ignorata e l’attività sessuale è clitoridea, dato che il passaggio dalla clitoride alla vagina, come zona erogena dominante avverrà quando si avvicina la pubertà. Scoprendo la mancanza del pene , dopo un periodo di disconoscimento e di speranza , si vede obbligata ad accettare abbastanza in fretta questa assenza.

Il complesso di Edipo

La bambina entrerà nell’Edipo assumendo in sé una ferita narcisistica profonda, che comporterà sentimenti di inferiorità sul piano corporeo e genitale, complicato e rafforzato da fattori socio culturali. Ella si difenderà dapprima rivendicando l’organo genitale perso (desiderio del pene), sperando di poterlo riacquistare; poi obbligata ad accettare la carenza non la perdonerà a sua madre , della quale diventerà gelosa, e si avvicinerà al padre, sperando di averlo da lui; il desiderio di avere un figlio dal padre si sostituirà al desiderio del pene.

Il complesso d’Edipo ha un ruolo fondamentale, un ruolo di organizzatore centrale nella struttura della personalità. Rappresenta l’asse di maggior riferimento della psicogenetica umana per gli psicoanalisti freudiani, qualsiasi sia la loro appartenenza ad una scuola particolare. Appare tra i 3 e i 5 anni d’età ed è un conflitto sessualmente specificato, giocato in una problematica a tre, i tre personaggi della famiglia : bambino, padre, madre e dà inizio alla genitalizzazione della libido.

Con la risoluzione del complesso di Edipo le scelte oggettuali, cioè il desiderio di possedere sessualmente un individuo, per esempio l’attrazione del maschio per la madre, sono sostituite da identificazioni, che vuol dire il desiderio di assomigliare a qualcuno, per es. il bambino che imita le caratteristiche del padre. L’energia liberata dall’Edipo in una considerevole quantità , generalmente, verrà investita nell’acquisizione di un assetto intellettuale, e pronta per essere più tardi diretta su altri oggetti (identificazione secondaria).

L’Edipo segna l’apice della sessualità infantile facendola pervenire alla genitalità, in cui c’è il primato della zona genitale, il superamento dell’autoerotismo e l’orientamento verso oggetti esterni, a seguito dell’avvenuta costituzione della realtà dell’oggetto, che si definisce come oggetto globale, intero e sessuato, sostituendosi all’oggetto parziale delle pulsioni pregenitali.

Quest’oggetto sessuale , in quanto edipico , è destinato a scomparire: la sua reviviscenza si attua normalmente con lo spostamento dell’immagine parentale su altri oggetti interi determinando la scelta dell’oggetto d’amore definitivo ( partner adulto).

La dissoluzione dell’Edipo lascia il posto a due istanze morali: l’Ideale dell’Io, avviene quando il bambino attribuisce poteri magici ai genitori , erede del narcisismo, ma ora per la prima volta l’idealizzazione riguarda il comportamento morale: fai questo, sii come tuo padre, pensa come lui; e il Super Io, erede dell’Edipo: non fare questo, non fare come tuo padre, sii come lui ma scegli un altro oggetto, rappresenta l’interiorizzazione di tutte le proibizioni passate e presenti, soprattutto riguardo alla pulsione sessuale.

Il bambino non si identifica col genitore reale, ma con quello idealizzato, puro, senza difetti, fedeli ai loro principi. Lo fa così bene che alla fine si identifica con il Super Io proprio dei genitori. Tutti abbiamo tratti dei due genitori nel proprio Super Io, ma come dice Fenichel, nelle nostre condizioni sociali è il Super Io paterno in generale più decisivo tra i sessi, in quanto fonte di maggiori frustrazioni sia per il maschietto che per la femminuccia.

Il periodo della latenza

In questo periodo (5-6 anni d’ètà fino alla pubertà) si assiste ad un arresto nello sviluppo sessuale , è tutto tranquillo, il bambino è impegnato in altri interessi che hanno più un carattere sociale, scuola, compagni di gioco ed altri oggetti del mondo reale. La desessualizzazione si accompagna all’instaurarsi delle relazioni oggettuali e i sentimenti: c’è una prevalenza della tenerezza sui desideri sessuali. Tuttavia, spesso, si tratta di un riposo solo apparente e in realtà la masturbazione,le tendenze edipiche e le regressioni pregenitali continuano in una certa misura. E’ un età particolarmente ricettiva a livello intellettuale, nella nostra civiltà è considerata l’ètà della ragione.

La pubertà

Si tratta in realtà di una crisi, così detta, dell’adolescenza, il cui inizio mette fine alla latenza. Il compito psicologico più importante è l’adattamento della personalità alle nuove condizioni prodotte dalle trasformazioni fisiche.

Prima di tutto , vi è una riviviscenza pulsionale forte, brutale a volte drammatica, poiché si riattivano in modo spropositato , sia le pulsioni sessuali sia quelle aggressive.

Lo sviluppo sessuale sembra riprendere esattamente al punto in cui era stato lasciato all’epoca della risoluzione del complesso edipico. Regolarmente si verifica un’intensificazione delle pulsioni edipiche. Associata a ciò si verifica una crisi narcisistica e identificatoria con particolari dubbi angosciosi sull’autenticità del sé, del corpo, del sesso. Si osservano spesso, anche al di fuori di ogni fattore o contesto psicotico, sentimenti di bizzarria e stranezze. Inquietitudini spesso molto vive si manifestano a proposito delle parti del corpo che si trasformano. Il maschio continuerà ad attribuire un valore narcisistico al pene; la femmina effettuerà un cambiamento di direzione con tendenza a trasferire l’interesse per gli organi genitali su tutto il corpo La pubertà rappresenta l’ultima occasione offerta all’adolescente di risolvere spontaneamente il conflitto edipico se non è stato risolto e le strutture psichiche (nevrotica, psicotica, stati limite) possono rientrare in gioco.

La pubertà propriamente detta definita dall’accesso alla maturità sessuale fisica è contrassegnata dal fatto che, da questo momento la libido si concentrerà specificatamente sui sentimenti, scopi e idee genitali. La masturbazione diventa un’attività espressiva delle tendenze genitali acquisite, essa si esprime come un bisogno nello stesso tempo molto forte ma condannato, sia da sé che dagli altri, che crea sentimenti di colpa intensa, benché si tratti nel nostro contesto socio culturale di un fenomeno normale. Ciò probabilmente accade per la reviviscenza dei problemi edipici non risolti e per i fantasmi masturbatori che l’accompagnano, che sono molto spesso di natura edipica.

La pubertà si considera superata, cioè la sessualità è insediata nella personalità, quando il soggetto è capace di avere un orgasmo completo (Fenichel).

Le relazioni oggettuali,nel periodo preadolescenziale, sono caratterizzate da un ritorno della libido verso gli oggetti d’amore dell’infanzia, i genitori, e la prima mansione dell’Io sarà proprio quella di abbandonare questa scelta parentale a tutti i costi: è la rivolta puberale contro i genitori, l’autorità e i suoi sostituti simbolici.

Questa lotta contro i vecchi investimenti libidici può portare sia al rigetto totale dei genitori, alla rottura a un modo di vita complementare diverso, sia al riassetto di un equilibrio con una tolleranza reciproca ,con un affetto condiviso. La soluzione di questo conflitto dipende , appunto, dalle modalità di risoluzione o di non risoluzione del conflitto edipico. La scelta di nuovi oggetti libidici avrà per l’adolescente un ruolo molto importante. Il più delle volte si tratta di attaccamenti compulsivi e transitori sia a persone della stessa età sia a persone più adulte, che rappresentano chiaramente sostituti di figure parentali.

Queste fissazioni amorose transitorie rappresentano non tanto delle relazioni oggettuali, ma piuttosto degli attaccamenti identificatori, infatti spessissimo vengono tanto rapidamente ed altrettanto rapidamente scompaiono. Molto spesso si verifica anche che i giovani si riuniscano in gruppi omosessuali per evitare la presenza eccitante dell’altro sesso , contemporaneamente per evitare di essere soli, e accade che quello che si cerca di allontanare ritorna nelle amicizie allacciate nella speranza di evitare relazioni sessuali oggettuali. Allora, si possono fare esperienze omosessuali tra adolescenti, ed è facile che accada, e non devono essere considerate forzatamente scelte definitive, ma testimonianza della solidità dell’identificazioni parentali, che l’adolescente cerca di risolvere e qualunque sia la scelta che farà, avrà in ogni caso risolto il suo problema d ‘identità, gruppo sociale d’appartenenza permettendo.

Il Caso Clinico di Mario

Mario è un ragazzo che compirà 13 anni a settembre. Ad ottobre 2003, è venuto da me , forzato dalla madre , una donna di 40 anni , madre anche di una ragazza di qualche anno in più rispetto a M.. Moglie felice di un uomo di anni 45, professionista, che però ha un lavoro , se pur ottimo, in una città del nord. Per questo motivo il padre di Mario  è fuori tutta la settimana e sta poco in casa per forza di cosa. E’ un uomo abbastanza ambizioso ed è molto legato alla famiglia. La madre di Mario è casalinga, mi ha dato l’impressione di una donna perfetta. Segue moltissimo i figli, è una donna curata, ha una casa grande perfettamente sistemata.

Il giorno del primo appuntamento nel mio studio

Il giorno del primo appuntamento lei era molto agitata, parlava affannosamente. Cercava di spiegarmi i problemi del figlio. Mario era molto chiuso. Anche fisicamente, si presentava ricurvo su sé stesso . Non voleva entrare nello studio. Diceva che sentiva soffocarsi, che la stanza gli girava attorno. E’  scappato fuori, e poi ha cominciato a fare dentro e fuori. Era molto agitato. Vedeva che la madre non lo seguiva e si preoccupava di controllare quello che mi diceva facendo dentro e fuori nella stanza.

La madre si lamentava del comportamento del figlio e non credeva a tutti i sintomi che il ragazzo lamentava. Mal di testa , mal di pancia. Aveva reazioni di rabbia eccessiva se spostavano gli oggetti di casa. Non sopportava le luci. Dimostrava paure eccessive , del tipo non era in grado di andare da una stanza all’altra da solo e di accendere le luci. Presentava tremolii ed una grande confusione. La madre era arrabbiata per questo comportamento del figlio, soprattutto perché fino al mese di giugno, si era comportato normalmente. Era un ragazzino normale. In casa nessuno si spiega questo cambiamento. La signora riferisce che Mario  si comporta così da quando ha dovuto fare una risonanza magnetica. Questa era stata fatta  proprio per accertare alcuni dei disturbi prima menzionati, di cui non si capiva l’origine. D’allora tutto era precipitato e c’era stato un peggioramento continuo. Io ascolto ed osservo quanto succede per capire cosa stesse esprimendo tutta quella situazione.

Il mio colloquio con Mario

A quel punto mi viene istintivo rassicurare il ragazzo, dicendogli che io credevo alla sua sofferenza. Contestualmente cerco di evidenziare alla madre, che in quel momento anche lei era chiaramente sofferente. Perché io avrei dovuto credere a lei e non al ragazzo? Mi sembravano molto simili!

Il ragazzo accetta di parlare con me e via via mi racconterà le sue cose , anche se con molta difficoltà!

I vari colloqui cominceremo a farli in macchina. Sono io che esco dallo studio e vado nell’auto dove è lui. Parleremo anche solo per pochi minuti, fino a quanto lui ce la fa. Riusciamo a creare un rapporto di fiducia.

Lui entrerà nello studio successivamente mi racconterà tutte le sue paure. Nel frattempo cerco di creare delle cose in comuni tra noi. Per es. ”il tifo” per la Roma, l’amore per i cani, e cose simili. Lui mi chiamerà la mia amica Flori. Ci scambieremo il numero  di cellulare., e mi chiamerà a volte per raccontarmi delle cose.

Mario mi racconta le sue paure

Mi parla di come si è sentito solo quella volta della risonanza magnetica, al buio. Si era sentito soffocare, della paura della morte. Mi parla della paura di saltare il muretto a di salire su di una scala per saltare. Cose che tutti i suoi amici di scuola fanno. Dell’imbarazzo che prova quando lo prendono in giro per questo.

Mi racconta del suo stare male a scuola, dove non viene creduto neanche dalle insegnanti, che non capiscono e si lamentano del suo comportamento!

Io l’aiuto , faccio colloqui con i genitori per far comprendere loro la natura del problema di Mario  ed anche con le insegnanti e tutti hanno dimostrato di poterlo sostenere.

I genitori hanno accettato che Mario  rimanesse a casa rischiando di essere bocciato. E le insegnanti promettendo di aiutarlo in questo anno  scolastico.

Così Mario  non va più a scuola, sta in casa tutto il giorno, gioca con il game boy, guarda la tv oppure gioca col pallone fuori nel grande giardino che è intorno alla casa!

Le insegnanti sono andate a trovarlo con la classe, a volte dei ragazzi vanno a trovarlo. Sta molto insieme al padre il fine settimana , il quale gli insegna a saltare il muretto!

Mario migliora ma ….

Migliora moltissimo, le paure scompaiono , anche i dolori scompaiono: uno ne resta non vuole più uscire di casa , nemmeno per venire alla terapia.

Mi telefona, mi dice che vorrebbe, ma poi non ci riesce, torna la confusione e il male di tutto! Io aspetto, gli dico che non fa nulla , io ho pazienza , gli do tempo anche se incomincio ad intuire che sta succedendo qualcosa.

Un giorno il padre mi chiama per telefono e si lamenta del comportamento del figlio. Nonostante sappia anche che se lui non viene in terapia questa viene pagata ugualmente, si sente preso in giro dal figlio. Questi a suo dire  promette di venire e poi dice di stare male e all’ultimo momento non viene. Soprattutto , si lamenta perché a volte il figlio sembra migliorato, invece peggiora. Infatti ora vuole dormire sempre nel letto matrimoniale e manda via sua moglie,. Lui è ben felice di passare il tempo col figlio, ma vorrebbe dormire con la moglie.

… Si rifiuta di venire

La madre viene in una delle ultime sedute al posto del figlio dicendo ”così almeno posso pagarle il mese”. Riprendendo lo stesso filo del marito. Aprendo la borsa tira fuori il game boy del figlio e mi racconta quello che era successo tra loro.

Siccome lui si rifiutava di venire, lei gli ha preso il gioco dicendogli che l’avrebbe venduto per pagare le sedute a cui lui mancava. Mario  ha reagito con una forte crisi di pianto. Ma lei non ha ceduto. Mi racconta anche lei del peggioramento di Mario  in quanto era tornato a dormire nel letto matrimoniale ed è veramente arrabbiata per il fatto che la manda a dormire nel suo lettino e lui resta col padre.

Non c’è verso per farlo tornare al suo letto. Anzi la cosa peggiora se lei dà un bacio al marito! In questa seduta, viene fuori che lei ha sofferto molto per la nascita di Mario  in quanto l’avevano fatta aspettare per molto tempo con il bambino che aveva già la testolina quasi fuori. E  che poi il bambino aveva il cordone ombelicale attorno al collo. Per fortuna è stato aiutato bene a nascere, ma ha sofferto molto , anche lui.

Vado a “vedere” a casa di Mario

Tutte queste cose mi avevano creato una sensazione nuova. Del resto anch’io pensavo per mio conto al perché Mario  non ce la faceva più a venire. Ma mi cercava ! Allora ho pensato di andare io da lui. Parlando di questo mio dubbio ad un collega mi suggerì di andare a casa sua. “Vai a casa sua , forse vuole farti vedere qualcosa!” Ed io l’ho fatto.  Ed ho visto!

Mario  mi ha accolto con gioia. La sua casa era molto accogliente ed era ancora più bella in quella giornata di sole in mezzo al verde della Valle Roveto.

Gli dico di fermarci a parlare in giardino, per questo, ma lui vuole farmi entrare in casa, nell’enorme perfetta cucina della mamma!

Mario vuole mostrarmi il suo ambiente

In quell’attimo ho pensato che voleva farmi vedere proprio quello. L’ambiente in cui lui si era rifugiato.

Mi è tornato in mente in quel momento il pensiero che avevo fatto la prima volta avendolo visto e la cosa mi aveva intenerito.  “Ha il viso di una bambina! Con queste guance piene e lisce e la boccuccia a cuoricino!“. Questo avevo pensato, eppure guardandolo bene ora sembrava di no.

Gli chiedo cosa succede. Gli racconto quello che i genitori mi hanno detto. Gli chiedo cosa volesse fare nel mandare via la madre dal letto? E cosa voleva dire quel suo stare dapprima in casa, nel regno di lei, e poi prendendo il suo posto nel letto accanto al padre.

Se questo aveva a che fare con il malessere scolastico e delle prese in giro dei suoi amici. Forse era una femminuccia se non riusciva a scavalcare il muretto? Questo voleva dire prendere il posto di mamma? Mario  è molto partecipe in questo colloquio e si deprime perché , appoggia la testa sul tavolino. Voleva evitare tutto questo. Lui vorrebbe essere come papà ma sente di non potersi staccare da mamma, anche se a volte la odia.

Per esempio quando lei gli racconta bugie e l’aveva fatto il giorno prima, prendendogli il game boy e dicendo di venderlo per pagare le sedute. Quando è tornata a casa lui ha notato che la borsa della madre era rigonfia, l’ha aperta e il suo gioco era ancora lì!

Mario vuole essere come il papà

Gli chiedo cosa avesse voluto fare la madre in quel modo. Lui dice che il game boy è il suo gioco preferito, e forse voleva obbligarlo in quel modo a venire alla terapia così lei non aveva più pensieri! Così stai meglio e torni fuori a giocare? E lei si libera di te?

Era questo quello che è successo quella volta facendo entrando nel tubo o buco nero della risonanza magnetica? Ma vale la pena di essere lei per non perderla? E prendere il suo posto nel letto di papà?

Lui risponde che vuole essere come papà. Allora gli propongo di chiarire bene questi suoi pensieri strani , che lo fanno sentire diverso dai suoi amici, e pauroso come una femminuccia e su quest’accordo ci siamo dati il solito appuntamento per il lunedì. Ed io ho fiducia che verrà.

Partendo dalla base sicura il bambino può iniziare a muovere i primi passi lontano dalla mamma e cominciare ad esplorare il mondo esterno e a stimolare lo sviluppo delle funzioni cognitive, certo di poter tornare in qualsiasi momento dalla mamma stessa.

Ora ci possiamo chiedere: quale sarà il destino di questo ragazzo? Come si svilupperà o meglio definirà la sua identità : in senso maschile? O in senso femminile? In ogni caso : cosa lo renderà felice? l’indirizzo sessuale affermato o il suo benessere psicofisico? ?

A cura di Floriana de Michele

Psicologa Psicoterapeuta Avezzano

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